Dipartimento di Lettere e Filosofia

Seminario / Workshop
Image
Palazzo Paolo Prodi

L’orecchio Teso, L’occhio Sordo:

Curare la Fotografia Coloniale

24 Ottobre 2025 , ore 14:30 - 17:30
Ingresso libero
Organizzato da: Viva Denis
Destinatari: Tutti/e
Contatti: 
Staff del Dipartimento di Lettere e Filosofia
Image
Palazzo Paolo Prodi

Questo seminario-laboratorio propone un’esplorazione etica, affettiva e relazionale della curatela della fotografia etnografica coloniale, con particolare attenzione agli archivi visivi custoditi nei musei europei. I partecipanti saranno invitati a interrogare i bias dello sguardo (Foster 1999; Mirzoeff 2023), radicati sia nell’apparato fotografico (Beller 2018) che nel museo inteso come finestra coloniale sul mondo (Bennett 2013), dispositivi che hanno storicamente contribuito a costruire e naturalizzare visioni razzializzate e generizzate.

Dopo un’introduzione teorica sul ruolo coloniale di fotografia e musei, verranno presentati alcuni esempi di pratiche curatoriali critiche come quelle di Nuno Porto e il progetto PhotoCLEC. Questi lavori mostrano come la fotografia agisca sia come strumento di produzione della realtà coloniale, sia come oggetto d’archivio problematico, sia come veicolo di saperi da decostruire.

In questo contesto si inserisce il progetto Adwa, sviluppato nell’ambito del mio dottorato (practice-based a Kingston University London) in risposta alla riapertura dell’archivio fotografico coloniale IsIAO a Roma. Nato da una necessità biografica di appartenenza e responsabilità, Adwa si fonda su epistemologie africane, studi femministi neri e pratiche di ascolto somatico e orale (Hartman, Oy?wùmí, Campt, Menakem). L’approccio curatoriale qui proposto si distanzia dalla logica rappresentativa per proporre una curatela fondata sull’accoglienza, sull’ascolto e sul disapprendimento.

Il laboratorio si concluderà con un esercizio pratico: una conversazione scritta con una fotografia coloniale, per attivare una relazione affettiva e dialogica con l’immagine. Questo seminario nasce da una posizione liminale—quella di una ricercatrice mista latinoamericana/europea, cresciuta interiorizzando lo sguardo bianco—e intende contribuire alla formazione di pratiche curatoriali decoloniali fondate sulla vulnerabilità, la riflessività e la cura.